Che coltivare un orto sia forse coltivare il mondo e che innaffiare un ciclamino sia un atto di resistenza sentimentale, un dire io sono qui, ora, e mi prendo cura.


martedì 19 giugno 2012

Trappole arboree.

 foto di Francesca
 A lungo ho riflettuto prima di decidere di scrivere su questo argomento. Troppe spine e troppa crudeltà secolare, come tagliole sotto le foglie o castelli incantati di principesse folli. Sicuramente troppa morte.
Ora non più. I roccoli, da qualche tempo, hanno perso quasi ovunque la loro caratteristica di essere trappole arboree per uccellini distratti, e sono diventati luoghi di avvistamento, inanellamento e di protezione.


Non hanno perso, invece, il fascino di architetture vegetali incantate, simili a cattedrali o a luoghi di culto silvani o a progetti di land art di qualche medioevo da signore degli anelli. Compaiono all'improvviso, su una collina, come fossero stonehenge vegetali abbandonati. Disorientano e un poco perturbano per l'ibridazione tra morte e vita e tra costruzione (dis)umana e lussureggiante vita boschiva.


Oggi i passeri nidificano sui rami contorti, senza compagnia alcuna di specchietti per le allodole, ma noi, entrando, parliamo a bassa voce, con rispetto.


2 commenti:

Gabriella ha detto...

Che dire? C'è sempre qualcosa da imparare... Qui vicino a Busca c'è il "Castello del Roccolo", ma non l'avevo mai associato alla cattura degli uccelli. Comunque non credo che il roccolo in senso stretto esista più, per fortuna...

giulia capotorto ha detto...

C'è sempre qualcosa da imparare sì. Per esempio io non conoscevo -lo so, sono imperdonabile-il castello del roccolo di Busca. Quando torno nel cuneese devo assolutamente fare una gita. Anche io spero tanto che i roccoli non siano più in funzione in nessun luogo, anche se non ne sono aimé tantissimo sicura.