Che coltivare un orto sia forse coltivare il mondo e che innaffiare un ciclamino sia un atto di resistenza sentimentale, un dire io sono qui, ora, e mi prendo cura.


venerdì 26 marzo 2021

Come tigri in salotto.


Quelle del pianerottolo, abbandonate a languire nell’angolo buio, vicino alle scarpe e allo zerbino,

quelle di San Valentino, che trascorrono l’esistenza vestite a festa, ornate di cuori man mano scoloriti, 

quelle non amate, doni non graditi di spasimanti desolati, 

quelle salvate (dal cimitero, dal supermercato, dal marciapiede, dal cassonetto, dalla vicina) in un impeto di empatia e ce la farò, 

quelle che invece no,

quelle della legge di Murphy, che più son brutte più perseverano, 

quelle fiorite anzitempo, fuori stagione e fuori misura, grasse di concimi e luci artificiali,  

quelle sul bancone del macellaio,  del droghiere, del minimarket, tutte impomatate, ancora confezionate

trattate come fiori recisi, con data di scadenza, 

quelle nelle boutique fallite, che muoiono lente dietro vetrine impolverate e manichini svestiti, 

quelle al cinquanta per cento, nello scaffale delle offerte, 

quelle morte da anni, e per questo vive per sempre, grigie e mummificate nell’angolo vicino alla tv, 

quelle sulle mensole in alto o appese al soffitto, condannate alla dimenticanza e al “le bagno domani”, 

quelle costrette alla convivenza in improbabili composizioni, come in uno zoo, la giraffa accanto al pinguino, il cactus vicino al ciclamino

quelle annegate in sottovasi ricolmi, 

quelle predilette dal gatto, 

quelle che in natura sono cascate e intere foreste

e se non fossero infiacchite da polvere e termosifoni 

si mangerebbero la casa e tutto il condominio

quelle con i brillantini sulle foglie o la neve spray della vigilia di Natale, 

quelle umiliate con occhi, cappelli e cartelli d’auguri

quelle nei vasi eleganti senza il buco di scolo, 

quelle a ornare l’ingresso in penombra, 

quelle davanti alle tapparelle abbassate, 

quelle dimenticate, nelle case delle nonne in ospedale, 

o d’estate, o negli appartamenti in affitto e in ristrutturazione. 

Quelle di moda,

quelle fuori moda,

quelle della zia,

quelle che cambiano posto ogni settimana e alla fine finiscono in balcone,

e poi nel bidone.

Quelle che sognano i tropici,

quelle che sognano il deserto,

quelle che cercano l’umido,

quelle che anelano il sud.

Quelle che stanno lì perché non possono andare altrove e rassegnate non chiedono conto di un destino un po’ così, che tanto sanno di far parte del tutto vegetale ed è già una consolazione. 


Quelle che si  affollano davanti alle finestre e da fuori sembrano proprio bambini, ansiosi di correre in cortile.