Identica a se stessa dall’inizio
dei tempi, rende identica ogni cosa, cancella rumore e definizioni, nasconde
plastiche, lamiere e mostri architettonici, rende gemelli pero,
melo e se il forcone è rimasto fuori, rende gemello anche lui. La neve copre
le aiuole e l’orto, i sentieri e i marciapiedi, come un orologiaio riporta indietro
le lancette a prima dell’asfalto e del cemento armato, a prima ancora, in un
tempo sospeso, e azzerato. Solo il mutare delle pennellate di luce ricorda che
nulla è fermo, persino quando lo sembra, e lo ricordano anche gli alberi, che
si scrollano come cani bagnati, e i voli temerari di pochi uccelli. Insieme ai rami
di inchiostro, diventano protagonisti pali della luce e fili dell’alta
tensione, generoso insperato mimetismo naturale.
Ringrazio i fiocchi perché rendono
uguale anche me, mi ammantano di bianco, mi nascondono, cancellano mostri, temperano angoli e
ammorbidiscono spigoli, mi fanno pensare pensieri banali, mille volte pensati,
comporre haiku mille volte scritti, guardare luoghi e vederli identici ad altri luoghi,
qui, altrove, lontano, lontanissimo persino (penso a Siberia, Canada, Appennino,
a scorci di parchi cittadini, penso agli affreschi nevosi di San Fiorenzo,
Palestina piemontese).
Con i fiocchi cade la presunzione, l’antipatico scudo dell’unicità. Nelle infinite fotografie, una fotografia sola, e tutti ci sentiamo un po' più liberi dai contorni.
(Lo so, lo so che esiste la neve dei poveri, dei
rifugiati, dei profughi, di chi non ha scarpe e macchina fotografica. Lo so, e
quello che faccio –ed è niente- appendo palline di grasso ai rami per cince e
verdoni).
2 commenti:
...vorrei imitare questo paese adagiato nel suo camice di neve...Gianni Rodari, e invece sotto il sole australe, nuda, non ho scampo. Scrivi Giulia tutte le stagioni, sei bravissima.
La neve copre tutto di bianchetto e offre pagine vergini alla nostra immaginazione.
Posta un commento