Che coltivare un orto sia forse coltivare il mondo e che innaffiare un ciclamino sia un atto di resistenza sentimentale, un dire io sono qui, ora, e mi prendo cura.


lunedì 21 maggio 2012

Orticola è femmina: petali e cappelli.



Orticola è finita già da un po', lasciandosi dietro (proprio come la trombetta di Corrado Govoni), petali e cappelli e un'ansia di fiori difficilmente guaribile persino con i fiori di Bach.


Snob, cara, aristocratica e tutti quegli aggettivi che spesso l'accompagnano nei discorsi. Eppure a me, che amo i giardini poveri e "domestici" sopra ogni cosa, in maniera palesemente contraddittoria genera una fascinazione quasi ossessiva lo spudorato palesarsi delle erbe più rare, dei vivaisti collezionisti dalla erre moscia, dei roseti temporanei e perfetti e dei delicatissimi fiori muscati dal profumo di bosco e nostalgia.


All'inaugurazione, dopo un primo momento di stordimento e l'impressione di essere finita ad Ascot o in qualche matrimonio inglese, mi sono goduta forse più la fauna che la flora, però (non senza qualche punta acuminata di moralismo comunista pauperista che sempre mi contraddistingue, e vivaddio).







E così ho capito una volta per tutte che Orticola è femmina, in tutte le sfaccettature: da quella mondana, a quella aristocratica, a quella vorrei ma non posso, a quella un tantino grottesca, a quella creativa, fino a quella magnifica e combattente delle coltivatrici (non me ne vogliano i maschi).


Di tutte, alla fine, sono rimasta però affascinata da una signora romana dalla voce decisa, roca di sigarette che, senza fronzoli e senza cappelli, ma con molti petali, mostrava le sue mille varietà di pelargoni da collezione, profumati di fave o di limone.

E, su ognuno, descrizioni semplici, tecniche e insieme così evocative che, da tutt'altra parte rispetto a ogni forma di mondanità, riassumevano perfettamente il mio concetto di giardinaggio: un sacco di bellezza, e un sacco di rigore.

le foto sono mie, ma se qualcuna si dovesse riconoscere e non volesse stare qui, mi scriva e tolgo immediatamente.

5 commenti:

Marcella Scrimali ha detto...

Ma davvero c'era gente così abbigliata o erano partecipanti ad un concorso di addobbi floreali! Noi che viviamo alla periferia dell'impero come i Galli pensiamo "S.P.Q.R. : Sono pazzi questi romani" anche se in questo particolare caso i "pazzi" sono milanesi.

Gabriella ha detto...

Questa volta ti devo ringraziare per avermi fatto scoprire la "trombettina", poesia che non conoscevo assolutamente... nonostante il familiare cognome dell'autore :-)!!! Chissà se Montale si è ispirato a questo testo per il suo "Quel che resta"?

giulia capotorto ha detto...

@Marcella. Questi milanesi sono pazzi anche per me. Ma anche io sono della periferia dell'impero (nord ovest ammantato di stelle)
@Gabriella. La trombettina è una poesia a me molto cara, legata a mia nonna e alla sua voce. Era tanto che giaceva muta in qualche angolo della memoria. È grazie a google che l'ho ritrovata e ricondotta a Govoni...

Ilaria ha detto...

Io li trovo fortissimi i cappellini floreali!
Bisognerebbe avere il coraggio di indossarli ma in quel contesto sono proprio azzeccati...
Mi ci vedo fra qualche anno conciata così.;)

Laura saleggia ha detto...

un sacco di bellezza e un sacco di rigore ...mi piace ;-)