Che coltivare un orto sia forse coltivare il mondo e che innaffiare un ciclamino sia un atto di resistenza sentimentale, un dire io sono qui, ora, e mi prendo cura.


sabato 26 maggio 2012

Rivivaio: rifugio per piante abbandonate.

 per la foto, grazie a Massimiliano Piantini

"Ho passato l'estate a svuotare la casa di mia madre che non c'è più.
La cosa per me dolorosa è dover rinunciare alle sue piante sul terrazzo: oleandri, 2 fichi, 2 peschi, nespoli ormai giovani alberi, molto milanesi perchè nati da un seme e poi cresciuti negli anni, resistenti a pm10, gelate ed inquinamento vario. Gettarli, ucciderli mi è veramente doloroso. Soprattutto perchè le amava.

Perchè tramite Amsa non inventate un servizio di ritiro, una serra, un giardino di piante da regalare o vendere ad un prezzo simbolico x autofinanziarsi, alberi da ripiantare nei parchi, nelle aiuole, di milanesi che non ci sono più ma che hanno piante dimenticate in appartamenti vuoti? Una targhetta, un nome, un albero. Chissà...".

 E già. Come i gatti panciuti e i piccoli botoli pelo raso, anche le piante, a un certo punto, restano sole nelle case e balconi deserti. Le vecchie signore andate via, in qualche ricovero o in qualche altro luogo.
Orfane delle cure, e di quella tranquillizzante benefica routine fatti di piccoli gesti sempre uguali e di innaffiatoi leggeri, le piante, nate da un seme o regalo dei nipoti, rassegnate, non miagolano o abbaiano. Stanno lì, a morire di sete fino all'arrivo del camioncino della nettezza urbana.

O invece no. Perché grazie all'idea della signora che ha mandato questa lettera al comune di Milano, ora le piante lasciate da sole hanno il loro rifugio, che si chiama Rivivaio. E chi vuole può andarsele ad adottare, come si adotta un vecchio barboncino o una gatta nera.

2 commenti:

Marcella Scrimali ha detto...

Quando è morta la mamma di Fabrizio, tre anni fa, anche lui si è trovato nella necessita di svuotarne la casa oramai vuota. Le sue piante, che riempivano il balcone cercavano qualcuno che le accudisse e Fabrizio ne fece una ridistribuzione tra amici e conoscenti. A me è toccata in dote una Aloe casalinga di quelle a foglie spinose in una vecchio vaso di coccio; ogni anno in questo periodo fiorisce e quando la fioritura è al meglio, chiamo Fabrizio e, insieme ricordiamo con affetto la sua mamma che è morta.

giulia capotorto ha detto...

Grazie mille per questo commento e per aver condiviso un tuo momento molto privato. Credo che tante persone si riconosceranno in questo modo così bello -e pieno di vita-di ricordare chi non è più con noi. Grazie, davvero.