Sono
un po’ di tutte le età, ma con qualche caratteristica che le accomuna. Di
solito hanno i capelli corti o medi, di solito mani forti, di solito tv accesa in casa
e sempre un pezzetto di fuori, fuori. Di solito un gatto o due, o un cane
sovrappeso. Meno frequentemente, il diamantino in gabbia. In città sono spesso
portinaie, custodi di stabili più o meno eleganti, vestono di grigio o di
marrone, ma anche con felpe colorate, e non se ne curano granché. Sono anche
pensionate, o nonne giovani, o madri (o mogli) di ristoratori, pensionati con
la passione dell’orto, o ferramenta con il cortile sul retro. Amano i giornali
di gossip e fanno volentieri il caffè.
Le
“signore” coltivano a piano terra (come sento che dovrebbe essere), anche se spesso in
vaso, lasciando la casa in ordine e vuota di esperimenti botanici. Quelle che
ho incontrato io sono sciamane, anche se non credo gradirebbero la definizione,
e vivono in un mondo magico di rose ipertrofiche e talee divenute baobab,
tutte piante che hanno una storia spesso miracolosa, strana e
che non inizia quasi mai da un fioraio o in un vivaio.
Dalla variazione infinita
sul tema del “ ecco, questa l’ho trovata nel cassonetto, quell’altra me l’ha
data moribonda la signora del terzo piano, quella era al cimitero, non la
bagnava nessuno”, fino al seme di avocado, nespolo, albicocco divenuti graziosi
alberelli. Dalle ortensie che vivono felici, anche se misteriosamente esposte a
sud, alle forsizie potate ad alberello “massì, ho tagliato un po’ di qua un
po’ di là”, fino al salice spettacolare nato da un rametto levigato “del mazzo di fiori di mia figlia. L’ho messo nella terra e puf!”. Le
signore hanno il dono. Quel che piantano, cresce, e cresce forte, che si vede
che ne ha piacere, di star lì.
Le
signore si sporcano le mani e “sanno” le piante, senza spesso saperne neppure i
nomi, e quando ingenuamente ti trovi a correggerle “no, signora, non è una
gardenia, è un’ortensia”, dopo un secondo vorresti sotterrarti, come, nella
prima guerra mondiale, un dottorino di primo pelo di fronte a una bracciuta
infermiera da campo. Quel che si può fare, con le signore, oltre ad ammirarne
l’opera, è chiedere semi o talee, o “piantini”, di cui sono prodighe e fiere
dispensatrici. Di più, è quasi sempre inutile. I loro consigli, sempre che ne
diano, di solito valgono solo per loro, in quella combinazione astrale sotto
cui prospera il loro giardino incantato. Perché quando chiedi il perché e il
come, loro già si annoiano (“non è che c’è molto da dire, basta fare”). E
quando ti dicono , è anche peggio.
L'altroieri, per dire, la signora Valeria, che vive in una minuscola casa da fiaba di cui presto racconterò, guardando con amore un po’
ruvido il suo rigoglioso ulivo in vaso, mi ha detto così: “lo bagno quando
sopra la terra è secca, ma sotto le radici sono ancora un po’ umide, solo un
po’ eh. Perché se la terra è secca tutta è troppo tardi, ma se è tutta umida è
peggio”. Io sono rimasta piuttosto confusa, ma lei e l’ulivo, di sicuro, si sono capiti
benissimo.
p.s. La foto non è molto giusta, ma generalmente le signore non amano farsi fotografare.
Nessun commento:
Posta un commento