Ci sono libri anche molto amati, che quando si ha finito di leggerli si vogliono tenere per sé, o condividere solo con un proprio cenacolo ristretto. Libri difficili, da iniziati, che solo alcuni possono capire, o addirittura quasi nessuno (e questa è sempre un’illusione). Libri che schierano, che dividono o che fanno litigare. Ne conosco tanti di libri così, e il sentimento dell’esclusività mi accompagna in molti miei incontri, letterari e no.
Ecco. “E poi Paulette” di Barbara Constantine è diverso, anzi, è davvero il contrario. È un libro che, se già appena lo inizi desideri condividerlo, quando l’hai
finito non ne puoi fare a meno. Con tutti, colti e ignoranti, lettori e
televisori, giovani e vecchi, romantici e –soprattutto-cinici. Basta che siano
un po’ amici. Io l’ho finito ieri e la sua semplicità intelligente e lieve mi
ha riconciliato subito con la definizione “per tutti”, presuntuosamente
disdegnata da chiunque “tutti” non si senta.
Se fosse un film l’avrebbe diretto Kaurismaki,
se non fosse
ambientato in un villaggio francese, potrebbe essere narrato in Toscana,
in Puglia, in Sicilia, in Irlanda, in qualche Sudamerica da realismo
magico, ma anche in un'isoletta delle Cicladi. Mi piace pensare che la
sua storia già avvenga nelle case di ringhiera dei quartieri popolari e
negli orti vicino alla ferrovia. Ha come protagonisti dei vecchietti,
dei giovani e degli animali, e dei bambini piccoli. Degli orti e una
campagna che diventa
rifugio tutt’altro che arcadico e statement di un modo di essere e agire nel mondo. Buoni
sentimenti senza zucchero, ma con qualche lacrima, venati di ironia gentile e comprensione saggia per la fatica quotidiana di
ogni specie vivente. Molti buchi, come nella vita. Parla di condivisione e di sorprese e sicuramente di “un
altro mondo è possibile”, dove la generosità senza presunzione è più rivoluzionaria delle molotov.
Invita a guardarsi intorno, a smettere di complicare quello che tutti
sappiamo d’istinto, e a guardare con occhi teneri e nuovi vecchie signore,
asini, cani, gatti e violoncelli. E a cercare case con molte stanze e con un
orto davanti.
Consigliato a: tutti,
ma in particolare a chi persevera nella difesa della limpidezza di
sguardo, agli ingenui, ma anche ai cinici per contrappasso, a chi condivide un orto
comunitario e a chi lo vorrebbe, a chi legge Latouche e a chi sa che dovrebbe, ma non ne ha tanta voglia, agli artefici di co-housing, co-working e compassione, a chi non volta lo sguardo dall'altra parte. Va bé, a chi almeno ci prova.
3 commenti:
me lo sono fatto mettere da parte in libreria, sono curiosissima
Lidia, fammi sapere che cosa ne pensi quandol'hai letto! Sono curiosissima io del tuo parere.
Carissima, ti voglio consigliare io un libro, che mi ha riconciliata con i romanzi: XENO di Silvano Gregoli, edito da Mursia. Sotto l'apparenza di thriller fantascientifico, è un romanzo filosofico, profondamente leopardiano e di struggente bellezza (come le montagne che fanno perlopiù da sfondo agli eventi). Buona lettura!
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