Che coltivare un orto sia forse coltivare il mondo e che innaffiare un ciclamino sia un atto di resistenza sentimentale, un dire io sono qui, ora, e mi prendo cura.


lunedì 28 novembre 2011

Un'isola (pepe)verde.


Ci sono posti, nelle città, che più di altri hanno una vocazione comunitaria e di partecipazione attiva. O magari è un'impressione, forse tutti i luoghi sono potenzialmente così, forse è solo perché all'Isola (quartiere milanese che meriterebbe una descrizione più lunga che mi riprometto di fare),
bé, all'Isola ci abito da qualche anno e a poco a poco mi diventa sempre più chiaro il microreticolato rizomatico che unisce i suoi abitanti e tutte le sue anime.
La prima impressione che avevo avuto, migrandoci per caso, richiamata da un terrazzo, era che tutti, dai ciclisti, alle mamme, agli artigiani, ai commercianti, ai bio-logici, agli artisti, ai guerrilla-giardinieri, ai comunisti, ai partigiani
tutti possedessero questo gene della partecipazione, del trovarsi e ritrovarsi per discutere, proporre e provare a cambiare le cose.
Perché le cose cambiano davvero così, tra un aperitivo e un collettivo, tra una riunione e una manifestazione. (E intanto i grattacieli di Porta Nuova continuano a crescere come funghi ipertrofici geneticamente modificati).

E ora, da qualche mese, c'è IsolaPepeVerde, cioé c'è da combattere per un giardino condiviso, da strappare a un non luogo d'incolto e trasformarlo in un luogo d'incontro. Combattiamo.

E' davvero un bellissimo progetto, partecipato, necessario e giusto. Ne ha parlato anche Repubblica.

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