E poi a pensarci bene, un mazzo di fiori è un dono di una specie molto speciale (non richiede reciprocità, non richiede impegno, non richiede neanche davvero gratitudine, puro omaggio e ringraziamento all'esistenza, con buona pace di Marcel Mauss e anche dell'osticissimo Jacques Derrida).
Quasi impossibile non accettarlo. Nel riceverlo, ci si sente un po' come la Callas o la Carla Fracci, o la Pausini, secondo i gusti, divinità in diritto d'essere venerata. E basta.
Un vestito obbliga a essere indossato, almeno una volta, almeno in presenza del donante.
Un gioiello è un impegno.
Un vaso deve essere esposto.
Un libro deve essere letto, almeno nel retro copertina, perché richiede d'essere commentato.
Una scatola di cioccolatini deve essere mangiata, e offerta.
Persino una pianta deve essere travasata e curata.
I fiori no. Richiedono solo di essere guardati, fino a quando se ne ha voglia.
5 commenti:
Però il pensiero che venga tolta la vita a creature così incantevoli è qualcosa che mi distrugge - e la ragione per la quale impedisco a chiunque di regalarmi fiori (piuttosto datemi piantine, ché so di dovermene poi prendere cura, ma almeno continueranno a respirare...). Ciao, bella :-)
Sai Minerva...anche io pensavo la stessa cosa. La mia riflessione era più sul senso del dono dei fiori piuttosto che sui fiori in sé. Grazie del tuo comento, e a presto :-)
Ma è forse proprio per la sua caducità che questo dono diventa così simbolico: un pensiero da rinnovare, da non considerare "per sempre" e da sentire nell'animo ogni volta e per tutte le volte che lo si sceglie...
Illuminanti le tue considerazioni sul donare (e ricevere in dono) un mazzo di fiori! Io ti dono invece la poesia che ho appena postato sul mio blog e che è dedicata a te e a tutti i giardinieri che conosco...
@Silvia. Grazie per le tue parole. Penso proprio sia così.
@Gabriella, la tua poesia dedicata ai giardinieri di nuvole presto la pubblicherò anche qui.
Posta un commento