Che coltivare un orto sia forse coltivare il mondo e che innaffiare un ciclamino sia un atto di resistenza sentimentale, un dire io sono qui, ora, e mi prendo cura.


mercoledì 7 marzo 2012

Un soffio di primavera: signore azzurrine e fiori di campo.


Adoro i banchi di fiori al mercato. E le gite ai vivai. Gli scaffali di giardinaggio che compaiono in questa stagione al supermercato, i chioschi di rose agli angoli delle strade. E adoro le mostre mercato di piante, che a primavera fioriscono qui intorno e dappertutto.
Ho proprio una specie di ossessione per le fiere di questo tipo, mi rendono felice appena so di poterci andare. Quelle alla mia portata sono pochissime in realtà: Floralia a Brera, Orticola ai giardini di Porta Venezia, Giardini nel Tempo a Cesano Boscone. E un Soffio di Primavera, a Villa Necchi Campiglio.


Le altre me le guardo sui blog.
 Quello che preferisco, di questo tipo di fiere, è in assoluto la pervicacia di certi vivaisti a non arrendersi ai gerani, viole del pensiero e rose nane. Sono affascinata dal lavoro di ricerca per coltivare la biodiversità, per non far estinguere le piante che ornavano gli orti o i giardini di nonne e prozie. Anche dall’idea di onorare le spontanee con vasetti (che poi, è solo un fatto culturale quello di dedicare una casa a un tipo di pianta e sforbiciate a un altro tipo, a parer mio).
Ogni volta torno a casa con piante tendenzialmente povere e quasi sempre identiche a quelle che crescono autoctone nelle mie campagne cuneesi, ai lati dei fossi, come le graminacee, le rose canine, le viole selvatiche, le bacche.


Domenica sono andata a Villa Necchi Campiglio, che è uno di quei posti graziati milanesi, in cui ancora permane un’eleganza discreta di buona borghesia lombarda veneta. Dentro c’è una collezione di opere d’arte, da guardare di sbieco, come se per caso la si scoprisse a casa di un lontano cugino (oh, un Canaletto, toh, un Morandi…ah, De Chirico).
Fuori il giardino. 
 “Un soffio di primavera” è la fiera che apre la stagione floreale qui a Milano e quello che mi piace è che, soprattutto quest’anno, la mostra era una vera galleria di speranze. Le piante ancora troppo piccole per essere scenografiche, alcune addirittura ancora addormentate, raccontavano di sé attraverso l’immaginazione –e i cartellini. Molto bon ton, troppo bon chic bon genre per i miei gusti un po' randagi, ma splendente di eleganza retrò di vecchie signore azzurrine impegnate ad ammannire torte casalinghe per qualche giusta causa. Spille, orecchini, messa in piega.

Resistete signore Necchi e Portaluppi, ci siete indispensabili, proprio come i fiori di campo.

I miei acquisti:
un piccolissimo sedum rosato (5 euro!)
una viola boschiva (3 euro!!!)

I miei vivai preferiti:

Maurizio Feletig, per le rose selvatiche, pimpinelle e  bacche
Cascina Bollate, per il suo particolarissimo tipo di coltivazione, e per il lavoro bellissimo sulle specie rustiche e rare.

1 commento:

Valentina ha detto...

io quest'anno non ho ancora fatto la gita al vivaio.. al mercato sotto casa sì, ma per ora niente di mio interesse... non vedo l'ora di tornare a casa con qualcosa... intanto oggi mi sono ripromessa di portarmi sempre dietro le forbicine, almeno mentre passeggio nel verde posso andare a caccia di talee